Come scegliere la scarpa da gravel

Guida alla scelta della scarpa gravel
Guida alla scelta della scarpa gravel
Per rendere comprensibili le mie parole mi servono esempi concreti, per questo ho scelto di attingere all’archivio delle prove svolte. Usando le scarpe testate come esempi, lasciando fuori però quelle uscite di produzione.
Questo spiega perché mancano alcuni modelli, sostituiti dalla versione più recente. Come avvenuto col test delle Shimano EX-7, eredi delle MT-7 che, seppure ad oggi ancora validissime (e infatti io le uso) non sono più acquistabili nella versione recensita.
La vera difficoltà è stata pianificare questo articolo: dividere per tipologia di scarpa o di ciclista? In ambedue i casi la classificazione è sconfinata, alla fine ho deciso per la prima.
Considerando che lo stesso ciclista ha spesso più bici e può avere più calzature. Credevo sarebbe stato più facile, invece mi sono cacciato in un ginepraio.
Quindi ho operato una sintesi, con solo tre categorie: gravel sportivo, gravel avventuroso, gravel turistico. Ma dato che ogni situazione può verificarsi anche nell’altra, c’è sempre una sovrapposizione.
L’unico punto in comune è che sono tutte calzature con aggancio a tecnologia SPD.
Basta girarci intorno però.
Gravel sportivo.
Gravel sportivo non significa necessariamente una competizione quanto la ricerca della prestazione in sé. Forse un ossimoro se intendiamo il gravel come puro svago sui pedali ma ciò non toglie che, oltre a esistere le competizioni dedicate, per molti allenarsi su strade secondarie e sentieri è piacevole e a volte necessità per evitare i pericoli del traffico veicolare.
Qui entra in gioco la rigidità della calzatura che deve essere accompagnata da buona ventilazione in estate o ottimo isolamento termico in inverno; senza dimenticare l’impermeabilità.
La rigidità, data essenzialmente dalla suola in carbonio, per trasferire al meglio l’energia attraverso scarpa, pedale, pedivelle e via via sino alla ruota motrice.
Ventilazione o isolamento termico perché troppo caldo o troppo freddo “bruciano” energie, risorse che non riversiamo nella pedalata.
Impermeabilità perché pedalare coi piedi bagnati, a meno che non lo stiamo facendo martellati dal solleone agostano, è ugualmente uno dispendio energetico.
Ci hanno sempre presentato i piedi come “il radiatore” del nostro corpo. Per poterli raffreddare o riscaldare l’organismo impiega risorse: insomma, una fatica in più come non bastasse quella in bici.
Il taglio alla caviglia è un aspetto importantissimo: deve essere basso, lasciare cioè ampia mobilità per rendere libero il gesto della pedalata rotonda, ossia la tecnica di tirar su la pedivella in sincrono con quella opposta che spinge in basso.
Per favorire la circolazione è bene che il sistema di chiusura sia micrometrico e governato da un laccetto; che sia il Boa o altro similare, conta il principio di funzionamento.
Deve essere facilmente regolabile anche in corsa, stiamo parlando di gravel sportivo, teniamo fuori la sosta e ci concentriamo sulla necessità di dover serrare meglio lo scarpino per affrontare quello scatto/strappo o, al contrario, allentarlo quel poco che serve per evitare fastidiosi formicolii, spia di cattiva circolazione.
La comodità a piedi passa quindi in secondo piano ma non la buona presa su terreni pesanti quando siamo obbligati alla bici in spalla.
Con una gravel, molto più che con una Mtb, ci sono ostacoli insormontabili. Che possono essere il troppo fango o il masso affiorante. Due situazioni differenti, perché nel primo caso è fondamentale i tacchetti della suola siano ben distanziati per evitare si impastino, rendendo vana la presa sul terreno; nel secondo i tacchetti devono godere di ottime proprietà antiscivolo, la roccia infatti non aiuta.
In definitiva, ogni aspetto costruttivo deve essere pensato con l’unico scopo della prestazione e, come sempre avviene quando si alza l’asticella della specializzazione, quello che si guadagna in un ambito lo si perde in un altro.
Paradossalmente è la calzatura più semplice da progettare proprio perché viene meno, o fortemente ridimensionata, la ricerca del compromesso tra diverse esigenze spesso in contrasto tipiche della disciplina gravel.
Gravel avventuroso.
Definizione semplicistica, lo so, e in fin dei conti dice tutto e niente. Provo allora a indicare alcuni punti fermi di cosa ho voluto significare con gravel avventuroso.
E’ l’uscita o il viaggio dove il percorso presenta difficoltà non solo altimetriche ma di morfologia del terreno; dove capitano molti passaggi impercorribili sui pedali; dove la bici può essere carica di bagaglio; dove non si esita a lasciare la bici e inerpicarsi a piedi per godere della bellezza naturalistica o archeologica che abbiamo raggiunto; dove la prestazione non si traduce nel tempo impiegato ma nel come abbiamo affrontato le asperità e le difficoltà; dove in sella passiamo molte ore consecutive, con soste sicuramente ma la bici la fermiamo solo a sera.
Molto diverso dal gravel sportivo visto sopra, presenta punti di contatto con quello turistico che segue questo paragrafo.
La rigidità è più bassa rispetto a una scarpa per gravel sportivo/agonistico ma deve pure sempre conservare buona tenacia, perché alla lunga una suola morbida genera fastidio in zona tacchette e tallone.
Il materiale della suola è in gomma, rinforzato spesso con l’apporto di altri materiali posti a sorta di sandwich con la soletta interna, così da avere al tempo stesso la rigidità necessaria ma la presa salda che solo la gomma riesce a dare.
E’ importante ci sia buon grip sotto la pianta, capita di dover affrontare alcuni passaggi a pedale sganciato e il piede deve conservare presa e pressione.
Ventilazione o isolamento termico sono importanti ma in chiave comfort complessivo, nel senso che l’obiettivo deve essere tenere il piede al fresco o al caldo per tutta la giornata che però non è mai interamente a pedalare, prevede comunque soste per riposare, rifocillarsi, fare il turista.
L’impermeabilità deve essere al top, soprattutto se la nostra avventura prevede l’attraversamento di piccoli corsi d’acqua; e devono esse veloci ad asciugare, la tomaia quindi oltre a essere idrorepellente deve essere in materiale sintetico che non assorba.
Il taglio alla caviglia è controverso perché abbiamo due esigenze contrastanti: da un lato la necessaria mobilità alla caviglia, dall’altro la protezione, proprio perché il percorso può presentare punti critici e sappiamo che una botta in velocità non è piacevole.
Qui bisogna valutare con cura i tipi di percorsi e scegliere cosa preferire. Ma devo anche dire che in linea di massima tutte le calzature studiate per la pedalata avventurosa godono di buona protezione.
Protezione che non deve mancare in punta, meglio se ottenuta con uno scudo in gomma o similare; e non deve mancare al tallone.
Il sistema di chiusura è preferibile sia micrometrico con BOA o similare, per favorire calzata e comfort una bandella anteriore in velcro aiuta. Può capitare infatti l’uso con calze più pesanti, quando non servono le scarpe invernali ma non è caldo abbastanza.
Non escluderei a priori i lacci, se la tomaia è ben fatta e sagomata, possono ancora dire la loro. Fanno perdere tempo per regolarli, è vero, ma la sosta in questo modo di vivere il gravel è contemplata. Inoltre un paio di lacci di ricambio li trovi ovunque e li infili senza attrezzi, una chiusura a pomello e cavo d’acciaio no. Considerando, per esempio, il viaggio con giorni in totale autonomia, è una valutazione da fare.
La versatilità è importante, quindi assicurarsi che ci siano copriscarpe specifici o comunque gli aftermarket siano utilizzabili senza difficoltà.
Il grip della suola una volta scesi di sella è importante ma anche qui serve distinguere: non è tanto la sicurezza di passeggiare senza scivolare quanto proprio la capacità di artigliare il terreno in sicurezza con l’aggravio di una bici presumibilmente carica del bagaglio.
Servono tasselli alti e distanziati, servono i “chiodini” sotto la punta o almeno le sedi filettate per poterli inserire, serve che anche il tallone abbia presa tenace perché succede, a bici carica, che pure il tratto breve in discesa assai ripida sia preferibile affrontarlo giù dalla sella.
E’ sicuramente la scarpa più difficile da progettare proprio perché è quella che incarna le massime contraddizioni della guida gravel, dove opposte esigenze si scontrano per poi fondersi in una esperienza di guida unica che al contempo deve soddisfare innumerevoli impieghi.
Gravel turistico.
Una altra definizione che dice tutto e niente, quindi proviamo a dare una connotazione. Più che lunghezza/durata dell’uscita o viaggio conta lo spirito con cui lo si affronta. C’è chi pedala da “tappa a tappa”, doccia a destinazione e abiti civili; c’è chi si prefigge di raggiungere a sera più o meno quella località, andatura blanda a godersi il paesaggio, soste per visitare i luoghi incontrati, se poi la meta è ancora lontana fa nulla, ci arrivo domani; c’è chi si pone a mezza via, sceglie tappe magari più brevi ma con passaggi impegnativi; c’è chi ha solo un fine settimana e bagaglio al minimo e vuole calzature che possa indossare anche a sera. Potrei continuare ma come vedete si andrebbe avanti all’infinito.
Così l’unica è trovare uno o due punti in comune che, in questa categoria, identifico come il comfort a piedi e la trasmissione dell’energia della pedalata non prioritaria.
Per questo la rigidità della suola deve essere valida per pedalare ma non tale da pregiudicare l’utilizzo a piedi; insomma, si colloca nella parte bassa della scala.
Per i modelli estivi difficilmente si parla di ventilazione perché la tomaia è spesso in tessuto, quindi si valutano traspirabilità e “freschezza” per i modelli estivi, la presenza di una valida imbottitura termica per quelli invernali.
L’impermeabilità assume rilievo per le versioni dedicate alla brutta stagione, quelle per pedalare nei mesi caldi basta abbiano una discreta idrorepellenza e la possibilità, grazie al materiale della tomaia, di essere irrorate con uno spray impermeabilizzante se necessario.
Il taglio alla caviglia è solitamente più alto, il fattore forma ricorda molto da vicino scarpe da trekking (e infatti parecchie aziende così definiscono le loro calzature da ciclismo con queste caratteristiche), ferma restando la curva al collo che permette la pedalata.
La chiusura può essere a lacci o tipo BOA, ma, per quanto possa apparirvi contraddittorio, questo secondo sistema è preferibile.
Dobbiamo tener presente infatti che sono scarpe dalla tomaia elastica/elasticizzata per assicurare il massimo comfort; sono spesso utilizzate con calze non tecniche e/o più spesse; sono preferite da chi pedala per turismo ma non in posti sperduti, quindi in caso di rottura il ricambio lo trovi facile.
Il disegno della suola deve assolvere un duplice compito: ricevere anche pedali doppia funzione, quindi con un lato flat provvisto di pin o lavorazione analoga, e permettere lunghe passeggiate.
Quindi tasselli ridotti al minimo, meglio ancora se assenti; suola morbida in punta e con buon sostegno al tallone per favorire il passo a piedi, tacchetta Spd o similare ben incassata per non scivolare e non suonare come un ballerino di tip tap che usa il sagrato a mo’ di palcoscenico.
La tenuta a piedi su terreni difficili, ça va sans dire, è ininfluente: qui parliamo di un turismo che si, prevede fuoristrada ma si tratta di strade bianche, sentieri, nulla di eccessivamente impegnativo. L’ostacolo può capitare, prendere in esame ogni possibilità è proibitivo, ma dobbiamo dare per scontato che sia una ipotesi residuale altrimenti torniamo al paragrafo di prima.
Scarpe tecniche senza dubbio ma con un ambito di utilizzo più variegato, dove si è disposti a perdere una frazione di efficienza nel gesto atletico per guadagnare molte frazioni di usi differenti, compreso, volendo, quello urbano.
Ciò non toglie che non possano mancare gli accorgimenti necessari ad una pedalata sicura, per esempio protezioni in punta e al tallone; però magari mitigate nel look, meno invasive per intenderci, così da sposarsi anche con abiti civili.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.