Il mio rispetto per i ciclisti romani

Tempo di lettura: 2 minuti

Sto passando diverso tempo nella Capitale per motivi miei personali, ho portato ogni volta con me una bici.

Per prendermi una pausa di svago ma anche per potermi spostare agevolmente.

Mi ero pure studiato i percorsi, sfruttando le app e le informazioni ufficiali sui siti istituzionali del comune di Roma. In confronto alla mia città adagiata all’ombra del Vesuvio, qui, mi son detto, è una pacchia. O forse no?

Effettivamente se guardiamo il puro dato numerico, i km ciclabili son tanti, anche considerando che Roma è vastissima e tra un polo e l’altro ti cambia pure il clima, va riconosciuto che c’è molto di pedalabile.

Sicuramente la presenza di tantissimi cantieri non agevola ma la archivio come seccatura temporanea.

Ho scelto all’inizio di fare il turista per tastare il polso alla situazione ciclabile, poi ho cambiato approccio e mi sono immedesimato nel possibile bike to work.

Prendendo a riferimento alcuni punti cardinali, per lo più i Ministeri e le zone dove c’è maggiore concentrazione di uffici e partendo quasi sempre dalla zona nord ho simulato la vita quotidiana di chi si sposta in bici per l’Urbe.

Non esaustivo, ovvio, ma non è che posso passare sei mesi a farmi ogni percorso immaginabile.

Luci e ombre in questo mio esperimento.

Sicuramente buona la rete di ciclabili, bike line, ciclopedonali: buona nel senso che riesce in qualche modo a portarti a destinazione.

Sicuramente assurdo il modo in cui i percorsi vengono spezzettati, pessimo quello con cui sono segnalati (quando lo sono), disastrosa la manutenzione (quando c’è).

Anche se buona parte dei chilometri sono riuscito a percorrerli su tratti ciclabili è stato il passaggio da un tratto all’altro a vanificare il risultato finale.

In alcuni casi riuscire a ritornare su un tratto ciclabile mi ha costretto a pedalare nel traffico molto veloce, troppo veloce perché un ciclista possa sentirsi abbastanza sicuro.

In altri casi ho dovuto allungare di troppo il percorso per evitare tratti dove pedalare era troppo rischioso.

In più di un punto, ma causa cantieri, ho preferito scavallare bici a mano.

Ho pagato la minore conoscenza del territorio, che non significa solo le strade ma tutti quei trucchi che noi ciclisti (anche) urbani usiamo nelle nostre città. Il punto migliore per attraversare, lo scivolo da sfruttare, la traversa da imboccare per tagliare quel tratto e così via.

Ma oggettivamente pedalare a Roma è assai più pericoloso di quanto credessi: e detto da uno cresciuto nel traffico di Napoli, beh, qualcosa vale.

La differenza più importante la fa la velocità media dei veicoli. A parte le zone più centrali/turistiche, dove gli ingorghi e i semafori nonché la sede stradale più ristretta bastano a rallentare quanto basta le auto, sulle arterie di collegamento corrono: ma corrono proprio.

Però al di là di queste considerazioni, quello che emerge è la mancanza di un reale progetto di mobilità ciclistica.

Per quanto estesa, la rete ciclabile è in troppi chilometri figlia di quella visione che fatichiamo a scrollarci di dosso per cui, alla fine, una ciclabile è uno spazio dove mandare la gente a perder tempo pedalando, magari con la buona intenzione di svolgere attività fisica, ma non con l’idea che una ciclabile è una via di comunicazione.

Una arteria di spostamento per permettere l’uso della bici come alternativa all’auto per andare al lavoro, all’università, a svolgere i propri affari.

Prendiamo, per esempio, la ciclabile che costeggia il Tevere. 

Sicuramente piacevole, pedalare lontano dal traffico è decisamente meglio. Se voglio farmi una sgambata.

Ma se la voglio sfruttare per andare al lavoro ho pochissimi accessi ciclabili, una volta raggiunta la mia destinazione sono obbligato a proseguire anche di parecchio per riconquistare la sede stradale (e quindi il mio ufficio) oppure devo caricarmi la bici in spalla e salire l’interminabile gradinata.

Poco attuabile in abiti formali, impossibile con una pesante e-bike.

Alternative ci sono, ma per lo più si tratta di percorsi ricavati sui marciapiedi, e questo non è mai buona cosa; e trattandosi di soluzioni di fortuna mancano i collegamenti in sicurezza tra i diversi spezzoni.

I primi giorni mi aveva colpito la percentuale elevata di bici gravel usate per gli spostamenti urbani. Io non faccio testo, uso qualunque tipo di bici, anche quelle che sto recensendo. Però di base non è certo la più comoda per uso tipicamente urbano.

Pedalando per la Capitale ho compreso meglio la scelta di questi tanti impavidi. Le distanze, la pavimentazione, l’agilità per destreggiarsi e ho capito che effettivamente con la gravel ti muovi meglio rispetto a una classica bici da città.

Mi sono messo a ruota più di una volta, volevo capire e vedere cosa facessero questi tantissimi ciclisti urbani e la mia stima è cresciuta di molto.

Li ho visti affrontare pericoli continui, i taxi i peggiori, destreggiarsi con abilità in impossibili ingorghi, tagliare tra i cantieri senza infastidire le masse di turisti impegnati a far foto, immettersi senza patema su arterie cittadine dove sfrecciano a velocità da superstrada.

Tutti ben equipaggiati, con caschi di qualità, luci efficienti, abbigliamento ad alta visibilità.

E tutti, ma proprio tutti, sorridenti: mai ingrugniti come quelli nelle prigioni su quattro ruote.

Cari pedalatori romani, avete tutto il mio rispetto.

C’è anche in video.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">antonio daniele</cite>

    ottimo report Fabio !. A quando l’analisi su Milano ?

  • <cite class="fn">ANTONINO PISTILLI</cite>

    A Roma bisogna pedalare col coltello tra i denti….molto pericoloso…

  • <cite class="fn">Adriano</cite>

    Essenziale, per spostarsi a Roma in bici, possedere tutte e tre le virtù teologali: fede, speranza e carità. Fede (ce la posso fare), Speranza ( di sopravvivere) e Carità (poveri noi).

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Oibò, considerando quello che sto passando e il Giubileo, direi che un posto affianco S. Pietro me lo sto guadagnando. Anzi, a capotavola mi sa… Fabio

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