Montiamo la fixed, parte seconda; completiamo la bici

Seconda parte dell’assemblaggio; monteremo manubrio, sella, freni, ruote e trasmissione, completando la bici.
Nel precedente articolo ci siamo concentrati sulla serie sterzo, perché è una operazione che qui sul blog non avevo mai descritto. Ma, lo dico con franchezza, quell’articolo è alla fine poco utile. L’attrezzatura ha un costo elevato, il suo acquisto non è giustificato per chi esegue una o due installazioni (anche più: il costo lo ammortizziamo dopo una trentina di installazioni…) e l’averlo scritto è stato quasi un esercizio di stile che venire incontro alle reali necessità. Certo, sapere come si fa, che attrezzi ci vogliono e come usarli è sempre simpatico conoscere; però il mio consiglio resta far installare la serie sterzo direttamente al venditore del telaio o a un meccanico, cavandosela con pochi spiccioli al prezzo della mancata soddisfazione di poter affermare che la bici è tutta assemblata con le nostre mani.
E poi dovevo appagare Antonello che quella pressa ha donato alla microfficina, mostrandola in pubblico 🙂
L’articolo che state leggendo invece ha una sua utilità, perché le fasi che vedremo richiedono attrezzi specifici dal costo modesto e che non dovrebbero mancare nella dotazione di chi cura personalmente la propria compagna: uno smagliacatena e le chiavi per il movimento centrale e i pignoni. Per le altre operazioni servono attrezzi generici, ossia qualche chiave a brugola, una pinza e qualche chiave poligonale. Con una cinquantina di euro o meno si riesce ad acquistare gli attrezzi specifici, che torneranno sempre comodi anche per la normale manutenzione.
Lo schema narrativo scelto è quello di concentrarci sulle peculiarità di una fixed/SS e sulle operazioni mai affrontate sul blog; quindi freni, movimento centrale e guarnitura saranno appena accennati, già presenti articoli dedicati; i pignoni e la catena godranno invece di un superiore approfondimento. Sapete non uso mai le parole a caso: se scrivo “approfondimento” vuol dire che davvero vedremo ogni possibile dettaglio. Mettetevi comodi, l’articolo è lungo…
Abbiamo lasciato la bici con serie sterzo e attacco manubrio montati: adesso inseriamo il manubrio.
Il modello scelto è un bull horn, scenografico e comodo, almeno per me. L’attacco è del tipo classico, con collarino non removibile.
Il serraggio della piega è garantito dal grosso bullone alla base del collarino; svitiamolo, ingrassiamolo (tutte le filettature lo sapete le ingrasso, sempre) e reinseriamolo.
Infilare la piega è agevole, il diametro è sempre inferiore a quello del collarino; qualche difficoltà la potremmo incontrare solo una volta arrivati in zona attacco, più spessa. Per evitare antiestetici graffi possiamo aiutarci facendo leva con un cacciavite piatto. Senza forzare, giusto quel poco che serve a favorire l’inserimento.
Inserita la piega centriamola sfruttando i segni grafici di riferimento e serriamo.
Blocchiamo la forcella con l’apposita forchetta, che volendo possiamo anche costruire da soli con un semplice tubo di alluminio. Se non la possediamo proteggiamo l’orizzontale con un panno o della gommapiuma: la forcella che chiude all’improvviso e il manubrio che impatta significa rigare subito il telaio.
Ora avvitiamo i corpi freno al telaio.
Sono dei caliper, l’unica accortezza è accertarsi abbiano reach sufficiente in base al telaio scelto; per ora ci servirà semplicemente fissarli al telaio, le regolazioni le faremo alla fine con tutto l’impianto collegato e le ruote montate.
I caliper lo sappiamo hanno perno differente tra anteriore e posteriore, più lungo per il primo.
Prendiamo le rondelle zigrinate, utili a evitare la rotazione del corpo freno al telaio, e inseriamone una per perno. Profittiamone per dare il solito velo di grasso alla filettatura.
Infiliamo i corpi freno sfruttando le apposite sedi al telaio; la chiusura avviene grazie a dei dadi cavi, disponibili sul mercato in lunghezze differenti per adattarsi a ogni telaio.
Chiudiamo serrando quanto basta a non far muovere il corpo freno, a regolarlo abbiamo detto ci penseremo poi.
Corpi freno al telaio; fatto.
Chi volesse può approfondire sul blog i dettagli su installazione e regolazione dei freni caliper.
Terminato per il momento coi freni dedichiamoci al movimento centrale, che nel nostro caso è un semplice movimento a perno quadro con cuscinetti sigillati.
Per poterlo montare abbiamo bisogno di un attrezzo specifico che agirà sulla ghiera.
Per azionare l’attrezzo specifico preferisco usare una chiave a tazza regolando l’impugnatura a T.
Velo di grasso sul lato sinistro, per favorire l’inserimento della calotta che sappiamo amovibile; a differenza della destra che è fissa.
Avvitiamo a mano parzialmente la calotta sinistra, poi, sempre a mano, la destra finché non è richiesto l’uso della chiave. Mandiamola quindi a battuta, torniamo a sinistra e serriamo in modo definitivo la calotta su questo lato.
In quest’articolo troverete descritta con maggiori dettagli la sequenza di montaggio.
Prima di installare la guarnitura dedichiamo ancora qualche attenzione al telaio. Che è molto semplice, sprovvisto di occhielli e sostegno per il cambio. Le uniche filettature che è bene ripassare sono quelle ai forcellini posteriori destinate ad accogliere le viti di registro tensione catena.
Un maschio M4, (su alcuni M3) un poco di olio (mai grasso) per favorirne il lavoro, pochi minuti spesi che renderanno più semplice la vita nostra e dei tensionatori.
Adesso possiamo tornare al movimento centrale per montare la guarnitura.
Velo di grasso sui perni, sia per favorire l’inserimento (che sappiamo avviene per interferenza) che per prevenire l’ossidazione.
Inseriamo la guarnitura e fissiamola con l’apposita brugola.
Stessa procedura per la pedivella sinistra e anche qui abbiamo finito.
Malgrado la mia intenzione sia impaginare cercando di non saltare da una parte all’altra della bici, alcune operazioni richiedono una data sequenza. Abbiamo il manubrio montato già da un pezzo, perché non ci siamo dedicati alle leve freno? Per ragioni pratiche. E’ inutile dedicarci ai freni se non abbiamo le ruote montate; e mi sto trascinando dallo scorso articolo questo avantreno montato che invece di solito monto adesso, quando ho finito di collegare al telaio quasi tutto. Quasi, perché adesso saltiamo ancora a una nuova zona, quella del reggisella. Anche qui l’esigenza è pratica, uso il cavalletto a morsa e per le operazioni svolte sino ad ora preferisco assicurare il telaio sfruttando il tubo orizzontale. Che però essendo impegnato mi impedirà di terminare l’assemblaggio dell’impianto frenante, visto che la morsa non consente di passare la guaina del freno posteriore.
Avrei potuto scegliere una divisione a zone, mostrando tutte le fasi insieme. Ma non avrebbe rispecchiato la realtà di esecuzione. O comunque molto meno di come rispecchi questa personale sequenza. L’articolo è rivolto a chi non ha mai assemblato una bici, e alla fine il mio obiettivo è non solo descrivere ma anche evitare tutte quelle seccature che sempre avvengono quando si prova a terminare una sola zona per volta. Credetemi, forse stanca la lettura ma all’atto pratico “zampettare” per tutta la bici è meglio.
Bene, detto questo adesso è anche più chiaro perché passo velocemente a montare il reggisella, che mi servirà da sostegno per il cavalletto da lavoro.
Bullone di chiusura in sede, non prima di…? Bravi: aver ingrassato la filettatura 🙂
Prendiamo il reggisella, grasso su filettatura del bullone di fermo e grasso abbondante sulla parte terminale del tubo, quella da inserire al telaio. L’accoppiamento in questo caso è tra due leghe metalliche, quindi il grasso ci vuole.
Non deve essere usato se invece accoppiamo fibra di carbonio e lega metallica o fibra di carbonio sia per telaio che reggisella: in quest’ultimo caso se si vuole si può usare la pasta grippante, reperibile in qualunque negozio di biciclette mediamente fornito anche in comode bustine, giuste per un paio di applicazioni.
Inseriamo il reggisella, poco ci interessa in questa fase di quanto. Ci troviamo in zona, tanto vale montare la sella. Se è una sella in fibra di carbonio o comunque dalla finitura delicata, meglio aspettare la fine dei lavori, per evitare di danneggiarla involontariamente con qualche attrezzo. Siccome la nostra è una sella di qualità medio bassa, la montiamo e via.
Basta che il reggisella abbia presa sufficiente all’interno del piantone e ci lasci ampio spazio per agganciare la morsa.
Adesso le ruote.
Prima operazione i nastri paranippli o flap.
Nastri che oltre del giusto diametro devono avere anche la corretta larghezza determinata dal canale del cerchio. Il dato è di solito fornito dal produttore della ruota o del cerchio.
Il nastro ha un foro dedicato al passaggio della valvola.
Facciamolo collimare col foro valvola al cerchio e blocchiamo il nastro, altrimenti ruoterà durante l’operazione di montaggio. E’ elastico, si inserisce facilmente.
Assicuriamoci aderisca bene alla gola del cerchio e controlliamo non ci siano grinze lungo tutta la circonferenza.
Prendiamo il copertoncino e centriamo la scritta in corrispondenza del foro valvola.
La scelta di allineare scritta e valvola risale ai tempi eroici, quando in gara non c’erano le ammiraglie pronte al cambio ruota in pochi secondi e indentificare subito dove fosse la valvola aiutava a guadagnare tempo. Adesso è inutile, almeno per noi semplici pedalatori. Però è una di quelle piccole accortezze a cui sono affezionato.
Prendiamo la camera, due colpi di pompa per dare spessore ed evitare di pizzicarla montando il copertoncino; che se si presenta restio a entrare in sede può essere convinto con una spalmata di acqua saponata.
Gonfiamo e montiamo la ruota al telaio.
Ora dedichiamoci alla ruota posteriore; dove se c’è da montare pignone o cassetta preferisco avere prima il copertoncino in sede. Preferenza personale, non mi piace quando il cerchio nudo “gratta” sul pavimento.
Siccome nel nostro caso i pignoni non ci sono ancora, montiamo anche qui il copertoncino e spostiamoci a vedere il mozzo, anzi, cosa dovremo montare sul mozzo che, ricordo, è del tipo flip flop: ossia in grado di ospitare su una lato la ruota libera e sull’altro il pignone fisso.
Partiamo dal pignone fisso, del tipo con ghiera di chiusura. Nella immagine in basso il pignone, la ghiera di chiusura con le scanalature per l’attrezzo e il distanziale da frapporre tra i due. Sulla bici è andato poi un pignone differente, a 18 denti e nero; ma per le foto ho preferito usare questo in finitura silver, altrimenti il montaggio si vedeva poco.
Sbagliare il lato di montaggio al mozzo è impossibile, perché la calettatura è particolare. Come si vede dal dettaglio la sezione è differente, maggiore verso l’interno che ospiterà il pignone, minore quella dedicata alla ghiera.
Anche la filettatura ha andamento differente; destrorsa per il pignone, sinistrorsa per la ghiera. Significa che il pignone lo avviteremo in senso orario, la ghiera in senso antiorario.
Avvitiamo il pignone, non prima di avere ovviamente ingrassato la filettatura. Facciamo così: d’ora in avanti non lo scriverò più, voi fate conto che qualunque filettatura vedete la dovete ingrassare. A prescindere 🙂
Poi il distanziale.
E a mano e in senso antiorario la ghiera di chiusura.
Ghiera che presenta ben visibili le scanalature di ingaggio per l’attrezzo. Quale attrezzo? Una chiava a uncino, la stessa che abbiamo imparato a conoscere per lavorare sulle calotte dei movimenti a perno quadro apribili.
Con due mani, una per tenere premuto l’uncino nella scanalatura e l’altra per tenere schiacciato l’attrezzo in posizione, perché se scappa c’è da farsi male, serriamo decisi la ghiera. In senso antiorario; ok, l’ho già scritto, ma lo ripeto, quando il verso normale di montaggio cambia è sempre facile confondersi.
Pignone fisso fissato! Brutta come battuta eh? Avete ragione.
Voltiamo la ruota dall’altra parte, dove troveremo la filettatura per la ruota libera; classica, sia per forma che per verso di montaggio.
Facciamo conoscenza con le diverse ruote libere che potremo montare; perché non si differenziano solo per numero di denti ma anche per sistema di installazione al mozzo. Nella immagine in basso tre ruote libere e solo due attrezzi.
Una ruota libera a due tacche standard, nel senso che è la più diffusa per distanza dalle tacche tra loro, con la chiave apposita.
La freccia indica il dente della chiave che ha fatto presa nell’incavo presente sulla ghiera; il cono del mozzo, rimosso altrimenti la chiave non sarebbe riuscita a ingaggiare la ruota libera, viene sfruttato per tenere l’attrezzo ben saldo in posizione.
Poi una ruota libera a quattro tacche, anche qui la distanza rispecchia quello più diffusa perché ne esistono pure altre versioni sempre a quattro tacche.
E infine una ruota libera priva di ingaggi per gli attrezzi; si avvita con una normale chiave a frusta, come quella che usiamo per il pacco pignoni. Si smonta usando un attrezzo particolare, una sorta di pressa che blocca la ruota libera impedendone la rotazione in modo da poterla svitare. La controindicazione è che dopo la ruota libera è da buttare. Poco male, questa in foto l’ho vista a 1,49 euro di listino al pubblico…
La mia scelta di montaggio è andata a quella a quattro tacche, una discreta Miche a 18 denti; avvitiamo a mano, senso orario.
Usiamo la nostra chiave a quattro tacche, dopo aver rimosso il cono sia per consentire la presa dell’attrezzo che per assicurarlo più tenace sfruttandolo come fermo; non è presente in foto, ma più in alto lo abbiamo già visto. Ho usato il cono perché il mozzo è a cuscinetti sigillati, quindi questo cono, filettato, altro non è che una sorta di distanziale. Se invece lavoriamo con un mozzo a coni e sfere sfrutteremo il dado ruota per tenere in sede l’attrezzo. Rare le ruote per fixed/SS con asse cavo, quello per il QR, ossia lo sgancio rapido. Se le abbiamo, useremo il QR. Insomma, l’importante è fermare l’attrezzo, cosa useremo dipende dalla ruota.
La ruota posteriore è terminata, montiamola al telaio.
Abbiamo la guarnitura, abbiamo la ruota col suo bravo pignone, colleghiamoli tra loro. Come? Con la catena.
Avvolgiamola su corona e pignone, ma abbiamo un problema: è troppo lunga.
La dobbiamo accorciare e l’unica è ricorrere a un attrezzo specifico: lo smagliacatena.
Prima di occuparci della giusta lunghezza della nostra catena facciamo conoscenza con l’uso di questo attrezzo, che è piuttosto semplice ma sulle prime può destare qualche perplessità.
Il principio di funzionamento si basa su una forchetta su cui adagiare la catena, una vite che la tiene a battuta in posizione e un pin mosso da una leva filettata che, avvitando, spinge fuori dalle maglie il pin della catena, che proseguirà la sua strada senza ostacoli grazie alla forma cava della vite di battuta. Aiutiamoci con le immagini.
Il pin che serve spingere quello della maglia della catena.
Poi ecco fare capolino la vite cava di battuta.
E in dettaglio la forchetta su cui adagiare la catena.
Come si usa? Lo vediamo insieme.
Poggiamo la catena impegnando la forchetta.
Con la vite pressiamola battuta, lasciando un minimo di gioco. Molto minimo, pochi gradi di rotazione.
Adesso avvitiamo il pin dell’attrezzo finché non tocchi quello della catena.
Non va bene, come si vede nell’immagine sopra non è perfettamente centrato: ecco a cosa ci è servito lasciare quel minimo di gioco con la vite, prima. Basta serrare ulteriormente e il pin troverà la perfetta centratura, come nell’immagine in basso. Questo è un altro di quegli innumerevoli dettagli che mi accusano seguire all’eccesso. Forse, anzi sicuramente sono puntiglioso; ma lo sapete, io curo sempre ogni dettaglio. Non sono quei 5 secondi in più che mi cambiano la giornata e ho sempre la certezza di non deformare la catena.
Avvitiamo con decisione in modo da spingere il pin fuori dalla maglia.
Prestiamo attenzione in questa fase a non lasciar uscire completamente il pin dalla maglia. Deve rimanere vincolato, altrimenti dopo reinserirlo sarà molto difficoltoso. Le prime volte, finché non si sviluppa “occhio” a sufficienza, meglio procedere per gradi, svitando spesso e rimuovendo la catena per verificare quanto è uscito il pin.
Terminata l’estrazione svitiamo l’attrezzo, liberando la catena. Come si vede il pin è rimasto vincolato.
Prima di vedere come svincolare le maglie, ancora tenute insieme dal pin non completamente rimosso, visto che ci troviamo con la smagliacatena in azione vediamo anche la procedura inversa, quella per magliare nuovamente. Procedura standard, catene a 9-10-11v hanno un loro pin rinforzato e non è riutilizzabile, se non per emergenza, un altro pin.
Posizioniamo la catena sulla forchetta, stavolta in senso inverso, ossia col pin fuoriuscito dal lato del pin dell’attrezzo.
Accertiamoci con cura della perfetta centratura mandando a battuta con la vite cava.
Avvitiamo con decisione, una goccia d’olio sul pin male non fa.
Rimuoviamo la catena dall’attrezzo, muoviamola tra le mani per accertarci non sia bloccata e che il pin sia in linea da ambo i lati. Se oppone resistenza basta piegarla su e giù tenendo la catena in orizzontale.
E visto che ci siamo, chiudiamo la panoramica sull’uso di quest’attrezzo con la procedura per portare il pin della catena a filo della maglia; non interessa in questo caso, la catena è per una 1 velocità. Ma molte catene 10v e tutte quelle a 11 vogliono il pin a filo della maglia, non sporgente, a causa dei ridotti spazi di azione.
Gli smagliacatena per lavorare anche con catene 11v hanno un apposito pin piatto, qui in basso messo a confronto con quello che invece abbiamo usato per la fuoriuscita.
Estraiamo completamente la vite di spinta col suo pin montato; come si vede c’è una ghiera scanalata.
Sul corpo dell’attrezzo è ricavato un foro sagomato: serve a svitare il pin.
Operiamo la sostituzione, montando il pin piatto.
Reinseriamo nell’attrezzo, catena sulla forchetta messa a battuta con la vite cava e avvitiamo: il pin piatto porterà a filo quello della catena. Nell’immagine in basso non ho chiuso completamente per lasciare la zona visibile.
Lo smagliacatena è uno degli attrezzi fondamentali per chi vuole curare la propria bici; nello sceglierlo, preferiamo sempre modelli a pin intercambiabili assicurandoci della disponibilità di pin di ricambio. Come si vede nella immagine in basso sono soggetti a usura, devono essere sostituiti abbastanza di frequente per conservare perfetta efficienza.
Bene, adesso che uno smagliacatena non ha più segreti per noi, torniamo alla nostra catena che era rimasta con pin estratto ma con le maglie non ancora svincolate.
Basta muovere la catena su e giù (stesso movimento che dobbiamo fare per assicurarci che la catena sia libera dopo averla rimagliata) tenendola in orizzontale.
Catena libera e pin facilmente riutilizzabile perché vincolato alla piastra esterna.
Avvolgiamo nuovamente corona e pignone con la nostra catena e richiudiamola con lo smagliacatena.
Come si vede dall’immagine in basso è decisamente lenta. Nessun problema, basta agire sui tensionatori.
Allentiamo i dadi ruota.
Avvitiamo i registri di tensione, in modo spingano indietro la ruota.
Mai avvitare un registro completamente; bisogna agire un poco su uno e un poco sull’altro verificando spesso la tensione catena. Se proviamo a regolare la tensione agendo solo sul registro destro, quello lato trasmissione, quando andremo ad allineare la ruota la catena risulterà fin troppo tesa. Assicuriamoci che la ruota sia sempre perfettamente centrata.
Nella immagine in basso ho rimosso i dadi ruota per mostrare quanto i registri hanno lavorato.
Una volta raggiunta le tensione ottimale serriamo nuovamente i dadi ruota e la catena è perfettamente tesa.
Ma su questo punto il dibattito è aperto. C’è che vuole la catena sempre tesa allo spasimo, una corda di violino. Chi, come me, preferisce lasciare un minimo di gioco. Una catena più tesa durerà di meno, anche se queste catene sono talmente robuste e dal costo basso che alla fine non è poi così importante. Una catena meno tesa renderà la pedalata, soprattutto in uso ruota libera e non fissa, più amichevole. Sotto la spinta dei pedali avremo quella elasticità a cui siamo abituati con le bici multirapporto. E sprecheremo meno energia, perché diversamente da quel che si pensa una catena troppo tesa ne assorbe di più di una che abbia un minimo di gioco. Minimo, nell’ordine dei 5mm (per lato, 5 sopra e 5 sotto) spostando la catena su e giù; non rispetto a una catena lenta che è cosa diversa.
Però ammetto di essere insoddisfatto; troppo arretrato il perno ruota, costretto così per raggiungere una tensione ottimale.
E’ possibile ovviare, ma per arrivare alla soluzione dobbiamo prima comprendere come è fatta una catena.
Se osserviamo con attenzione vediamo che una catena è composta da maglie interne ed esterne, tenute insieme da piccoli cilindri, i pin. Questo significa che non possiamo togliere una sola maglia, sempre due: altrimenti dopo non avremo l’accoppiata maglia interna/esterna per poter richiudere.
Vediamo in dettaglio.
Quando apriamo la catena dobbiamo sempre farlo con un numero di maglie pari: non possiamo togliere una sola maglia. Le frecce indicano dove aprire la catena, i segni le due maglie che così saranno rimosse.
In questo modo risulterà l’accoppiamento maschio/femmina che ci consentirà di richiudere la catena.
Se invece provassimo a rimuovere una sola maglia, perché per avere la giusta lunghezza a noi servirebbe rimuoverne una sola, non avremmo più la possibilità di richiuderla.
Come ne veniamo fuori? Catena lenta o registri avvitati al massimo? Nessuna della due: usiamo la mezza maglia.
Abbiamo detto che per avere la giusta lunghezza della catena togliere due maglie è troppo, ne servirebbe rimuovere una sola; ma non possiamo perché poi non possiamo richiuderla.
Allora ricorriamo alla mezza maglia. Per prima cosa rimuoviamo due maglie, in modo da trovarci le estremità della catena pronte per essere unite in modo classico, ossia senza mezza maglia.
Se la richiudessimo ora, così, sarebbe corta. Frapponiamo allora la nostra mezza maglia, che ci farà guadagnare la lunghezza che ci serve.
In pratica con la mezza maglia abbiamo guadagnato la lunghezza pari a una sola maglia, cosa che senza questa utile invenzione non avremmo potuto fare. In basso la differenza di lunghezza tra quanto è necessario rimuovere per garantirsi poi l’accoppiamento di chiusura e la mezza maglia.
Non resta quindi che richiudere la nostra catena usando questa mezza maglia e avremo la possibilità di raggiungere la giusta tensione senza essere costretti ad arretrare al massimo la ruota. Si può notare infatti come i registri siano meno impegnati ora rispetto all’immagina vista sopra.
Bene, adesso che la trasmissione è montata colleghiamo i pedali.
Da qualche parte sul corpo è sempre indicato quale è il destro, quale il sinistro. E ci serve saperlo perché la filettatura cambia verso tra un pedale e l’altro.
In ogni caso per non sbagliare ricordate che girando la chiave verso la ruota anteriore avvitiamo, verso la ruota posteriore svitiamo. Sia il pedale destro che il sinistro. Sempre.
Abbiamo quasi finito, manca completare l’impianto frenante e nastrare il manubrio.
Per prima cosa le leve, comode quelle a collarino tutto apribile.
Queste che monteremo sono due leve ausiliarie stile ciclocross; possono funzionare sia come leve supplementari che come leve principali, anche se pare qualche meccanico sia di diverso parere. Il perché non lo so, ma ho smesso da tempo di interrogarmi sulle altrui sciocchezze.
Come indicato nell’articolo relativo alla lista dei componenti da acquistare è preferibile usarle con cavi freno tipo olanda, ossia quella con terminale sferico; non con i classici cavi corsa a funghetto. Nessuna necessità tecnica in verità, solo estetica: non mi piace il terminale che sporge.
Montiamo le leve, distanza e inclinazione a gusto personale.
Dedichiamoci al taglio delle guaine, prestando cura soprattutto alla lunghezza della posteriore. La bici sarà usata molto in ambito urbano e a bassa velocità. Importante quindi avere una lunghezza guaina che non intralci la rotazione del manubrio.
Fissiamo allora la guaina con del nastro carta all’orizzontale e verifichiamo la lunghezza a manubrio ruotato.
Prendiamo il riferimento fino al freno posteriore, tagliamo e rifiliamo il foro col bulino.
In quest’articolo parlo di guaine cambio, ma freno o cambio la procedura di taglio e gli attrezzi sono identici.
Prima di collegare i cavi dedichiamoci ai fermaguaina. Il telaio abbiamo visto è sprovvisto di fermi per la guaina freno posteriore. Dobbiamo ricorrere alle fascette sagomate.
Io per mia abitudine applico un giro di plastica trasparente protettiva, la stessa che uso per la protezione di telaio e pedivelle; sono abbastanza rognose, graffiano la vernice in un attimo. Montiamo prima le fascette, impuntandole ma senza stringere, altrimenti poi dopo la guaina non passa.
Passiamo la guaina, montiamo alle estremità i capoguaina; se sono di metallo diamo un leggero velo di grasso. Mai capitato il capoguaina ossidato all’interno del registro freno? A me spesso, ovviamente non su bici montate qui in microfficina 🙂
Passiamo il cavetto, colleghiamo ed eseguiamo la stessa procedura per l’anteriore.
Se le fascette le collochiamo equidistanti l’effetto finale è anche più gradevole.
Adesso non resta che montare le tacchette freno, collegare i cavetti ai corpi freno e possiamo procedere alla loro regolazione.
Ultimo passaggio, dobbiamo nastrare. E’ un bull horn, possiamo usare due tecniche.
La prima, che non amo, prevede di partire dalla zona attacco manubrio se sono montate leve freno stile crono (quelle cioè che si montano incassate alla fine del manubrio) o dalle leve freno se abbiamo scelto una versione come quella vista sopra.
L’avvolgimento del nastro dovrà avvenire in modo tale che le spire siano orientate all’indietro, a simulare il gesto della mano che agisce sull’acceleratore di una moto. In pratica come abbiamo visto fare nastrando una piega da corsa, arrivati sulla zona piatta.
Nelle immagine in basso lo vedete poco teso perché è solo una prova per mostrare il verso, non sto realmente nastrando. Anche perché ho detto a me questa tecnica non piace. Crea uno spessore nel tratto iniziale, soprattutto coi nastri in cork, che trovo inguardabile. Questione di gusti.
Partiamo dalla zona subito dopo le leve freno.
Iniziamo ad avvolgere verso la parte posteriore: guardando la piega di lato il nastro ruota in senso antiorario.
Proviamo con la freccia, che non mi viene mai molto precisa ma sembra sufficiente a chiarire il verso.
Io preferisco partire dalla fine della piega, così come faccio anche con quella da corsa. Nel caso del manubrio bull horn varia però il verso di partenza, esattamente opposto a quello visto nastrando la piega da corsa.
In realtà è lo stesso verso, sembra opposto perché opposta è la direzione della piega, con la parte terminale che guarda avanti e non dietro come quella da corsa. Comunque con le solite frecce dalla incerta curvatura si comprende come avvolgere.
Continuiamo a nastrare; avendo iniziato secondo il verso visto sopra ci troveremo con la giusta direzione anche arrivati alla parte piana.
Taglio diagonale per allineare la chiusura, anche di questo ne ho già parlato nell’articolo sulla nastratura della piega.
Un paio di giri di nastro telato (brutto quello da elettricista, peggio ancora quelli che forniscono coi nastri manubrio), montiamo i tappi di chiusura e abbiamo finito.
Non resta che regolare l’altezza di sella e manubrio e, se non lo abbiamo fatto prima, registrare il gioco della serie sterzo: la bici è pronta ad andare in strada.
Vi lascio con una ampia galleria di immagini (formato galleria, basta cliccarne una e si aprirà lo slide manuale a tutto schermo, quelle che vedete sono miniature parziali) della bici completa; sul finale troverete anche un allestimento porteur, provvisorio perché sto lavorando sulla giusta lunghezza degli attacchi. Per chi fosse interessato, dall’autunno a venire la microfficina provvederà a progettazione e assemblaggio a cifre modeste; come sistema di autofinanziamento della microfficina stessa. Ne parlerò in futuro.
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Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Molto bella Fabio!! mi piace molto anche il portapacchi anteriore!
Grazie Lorenzo (visto, mi ricordo…) ma credimi è più scena che sostanza.
Il portapacchi ho dovuto toglierlo, mi hanno agganciato due volte nel traffico e al momento è pericoloso. Lo rimonterò per uso in zone poco trafficate.
Fabio
Buongiorno Fabio mi chiamo Enrico ed all’età di quasi 60 anni, mi sono deciso ad assemblare una SS per off road qui in Madagascar dove vivo. Ho fatto un bell’elenco di tutto il materiale necessario, anche grazie ai tuoi articoli, ma sono bloccato sulla “linea catena” o meglio sulla misura del MC da acquistare perché é impossiblie secondo me che questa guarnitura https://www.sjscycles.co.uk/cranks/150-thorn-10464-pcd-triple-crankset-mk2-black/?sessionid=f1f34399b61561302273c3ba4ad82f3fa3eca028 per la quale é consigliata, se montata in SS, una corona singola con MC da 107mm possa essere abbinata ad un mozzo Surly da 130mm https://www.sjscycles.co.uk/hubs-other/black-32-surly-ultra-new-road-fixedfree-rear-hub-130mm/?sessionid=f1f34399b61561302273c3ba4ad82f3fa3eca028 da “incastrare” su dei forcellini da 126mm. I dati in mio possesso sono dunque il diametro del tubo sella l’eventuale misura dell’MC (107mm?) e quella sicura del mozzo posteriore da130mm. Che calcolo devo fare? Ti ringrazio in anticipo e spero che questo messaggio sia nella giusta sezione.
Ciao Enrico, la presenza dei link viene sempre letta come possibile spam dal sistema di sicurezza, quindi in genere se ci sono link meglio inviarmi una mail.
Senza la guarnitura in mano e montata facendo qualche prova è impossibile avere certezza sulla linea catena giusta. L’unica è fidarsi del produttore.
Non condivido invece la scelta del mozzo da 130 su telaio da 126. Monta, lo so, ma sono cose che non caldeggio.
L’unica cosa che non mi è chiara è perché ricorrere a quelle pedivelle per tripla. Al di là della linea catena, hanno sempre un fattore Q più elevato, meglio direttamente una guarnitura da singola.
Fabio